Humanitas
Diploma Accademico di II livello in Arti Visive – Decorazione
Descrizione dell’opera
La parola uomo deriva dal vocabolo latino homo, strettamente legato al termine humus (terra), in particolare terra umida, acquosa (da humor o umor), ovvero coltivabile. Prendendo in osservazione il verbo coltivare, questo assume diversi significati, ed esprime, ovviamente, l’atto di lavorare la terra, ma anche il senso di abitare, onorare e vivere. Pertanto, la coltivazione non viene intesa solo come agricoltura, ma anche come cultura dell’animo o come culto religioso. L’uomo ha, quindi, da sempre immaginato uno stretto legame tra sé e la terra e questo concetto deriva, molto probabilmente, da una serie di quesiti a cui la nostra specie in origine dovette trovare una risposta. L’uomo iniziò a porsi varie domande: sull’esistenza, il motivo della sua presenza sulla Terra, il fatto di essere dotato di una coscienza e di essere diverso da qualsiasi altro animale per la capacità di ragionare e poter formulare questi stessi pensieri. Il suo primo impulso fu, dunque, quello di trovare un riscontro nell’ambiente a lui circostante ed i fattori esterni più importanti furono, la terra e il cielo. I nostri avi avevano un legame molto forte con la terra, a tal punto d’attribuirsi un nome che ad essa era connesso. Ma nella nostra evoluzione è successo qualcosa alla nostra umanità. Solo oggi ci siamo resi conto di dover proteggere e preservare questo legame indissolubile. Com’è possibile che ci siamo dimenticati cosa significhiamo?

Il significato
Con “Humanitas” voglio parlare di cosa siamo stati e cosa potremmo continuare ad essere. L’uomo ancor prima di trovare un nome alle cose ed a lui stesso, ha sentito la necessità di raccogliere della terra, (la stessa che avrebbe poi coltivato) per trasformarla tramite un segno, un gesto o tramite delle forme geometriche in disegni che rappresentassero ciò che osservava intorno a lui. Nel suo percorso evolutivo non ha sviluppato solo un linguaggio, ma anche delle tecniche sempre più raffinate per tradurre la vita che esso viveva, ma non dimenticando mai l’origine di quei gesti, segni e forme. Si pensi, ad esempio, alla forma geometrica del cerchio, che nella storia dell’arte, oltre ad assumere varie simbologie, la troviamo con il nome di tondo: da Michelangelo con il Tondo Doni e il Tondo Pitti, alla testa di Medusa del Caravaggio, ai Tondi di Emilio Vedova nell’informale segnico o alla simbologia dell’eternità rappresentata ad esempio da un uroboro, ovvero un serpente che si morde la coda, la cui forma è, appunto, quella di un cerchio. Per quanto riguarda i gesti, i segni liberi e dinamici si pensi all’art brut di Jean Dubuffet o all’espressionismo astratto americano, da Willem de Kooning a Franz Kline e in particolare alla figura di Jackson Pollock la cui arte era influenzata da quella dei nativi americani. Ed infine si pensi alle varie tecniche, in particolare alla tecnica decorativa del mosaico con la quale viene riprodotto un determinato disegno per mezzo di frammenti, detti tessere, di diversi materiali. Il mosaico che ha avuto inizio con le prime civiltà della storia, risulta essere fra le prime forme artistiche. Una tecnica così versatile che ha permesso di poter rivestire non solo i pavimenti ma anche le pareti o cappelle di intere chiese, si pensi al Mausoleo di Galla Placidia, alla Basilica di San Vitale o a quella di Santa Sofia ad Istanbul.
Il messaggio che voglio trasmettere
“Humanitas” vuole essere tutto questo, dalla forma geometrica del cerchio per rappresentare il pianeta Terra, alla tecnica decorativa del mosaico per ricordare l’eternità del sapere, dove i frammenti di micro e macro plastiche prendendo il posto delle tessere di marmo e pasta vitrea, andando a ricreare le forme delle venature che il legno stesso mi suggeriva (come omaggio alla prima maestra d’arte, ovvero, la Natura). Ed infine i segni liberi, dinamici e in alcuni punti aggressivi rappresentano la forza e l’energia della Natura, realizzati in gomma liquida per ricordare che il sangue di Gaia è il petrolio, lo stesso che preleviamo per produrre la nostra “plastica” (e non solo). “Humanitas” nasce per richiamare alla nostra memoria e coscienza che umanità siamo stati, ricordandoci della trasmissione e della consegna preziosa che ci è stata fatta del sapere. Quest’opera oltre che essere una denuncia sull’utilizzo inappropriato che facciamo dei materiali tecnofossili, diviene un obbligo sulla riflessione della nostra attuale umanità e soprattutto su cosa lasceremo a chi verrà.